Una casa ad immagine e somiglianza

In generale, qualunque specie, umana o animale, per prosperare ha bisogno di uno specifico habitat.

Anche una protospecie artificiale ha il proprio habitat. La persona comune, abituata alle comodità della città, è invero abituata ad un habitat non naturale, caratterizzata da una crosta di attività umane, impianti, platee di cemento, fognature, piazzata al di sopra della natura in sostituzione. Una protospecie artificiale non può infatti sopravvivere in un habitat naturale. Il suo habitat è anch'esso artificiale, dunque il modello attraverso il quale una protospecie soddisfa le proprie esigenze esistenziali primarie è artificiale.

L'habitat può essere abitato passivamente, come nel caso di molti insetti, o più o meno attivamente, scavando buche, edificando strutture, o semplicemente alterando il tappeto olfattivo o altri elementi sottili dell'habitat.

L'equilibrio tra le specie che popolano un habitat si chiama biocenosi, e rappresenta un modello armonico prospero, entro cui tali specie possono progredire evolutivamente, anche e talvolta a discapito di un altra specie, pur conservando come elemento costante la biocenosi dell'habitat.

La complessità dell'essere umano lo pone nella possibilità di operare profonde modificazioni nell'habitat che occupa.

Le modificazioni di un habitat rispondono, ovviamente, ad un esigenza di specie. Cosa accade però nel regno umano, dove gli individui sono soliti aggregarsi in “protospecie” culturali?

Accade esattamente ciò che è prevedibile: le protospecie più numerose e invasive sono anche quelle meno evolute, e tendono ad assumere modelli relazionali e riproduttivi collettivi, formando colonie.

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